Il fascino dell' invisibile

Risoluzione Energetica

Da un punto di vista teorico viene definita come la minima differenza di energia necessaria affinché il rivelatore riesca a discriminare due eventi di energia diversa. Convenzionalmente si definisce risoluzione energetica il rapporto tra la FWHM (Full Width at Half Maximum) del picco, cioè la larghezza della distribuzione spettrale in corrispondenza di metà della massima ordinata, e il valore centrale .
Quindi la risoluzione è data come:
R è una grandezza adimensionale, normalmente espressa in percentuale. I diodi a semiconduttore per la spettrometria α possono raggiungere una risoluzione inferiore al 1%, mentre gli scintillatori usati per la spettrometria γ hanno normalmente una risoluzione del 5÷10%. È chiaro che migliore è la risoluzione, più facile sarà distinguere due radiazioni le cui energie siano molto vicine. Di seguito si possono vedere gli esempi schematizzati di tre spettri ottenuti con rivelatori di diversa risoluzione, infinita (ideale) per il primo, alta per il secondo, bassa per il terzo. Si noti che per quest’ultimo caso non è possibile risolvere i due eventi di energia ed .
È buona regola allora considerare risolte, cioè distinte, due energie che siano separate da più di una FWHM del rivelatore.
Se si considera il fotopicco come una distribuzione Gaussiana la deviazione standard (σ) è legata alla FWHM dalla relazione:
La FWHM  può essere stimata anche attraverso un’equazione empirica di questo tipo:
 quindi, ipotizzando di conoscere la  e le relative energie caratteristiche di decadimento, si può calcolare la come:
Risulta interessante notare che la FWHM peggiora con l’aumentare dell’energia rivelata, la risoluzione invece migliora all’aumentare dell’energia. Esistono un certo numero di potenziali sorgenti di fluttuazione nella risposta che causano un peggioramento della risoluzione energetica. Si considerino, innanzitutto, le possibili derive delle caratteristiche operative del rivelatore durante la misura, sorgenti di rumore interne al rivelatore e all’apparato di misura e rumore statistico dovuto alla natura discreta dello stesso segnale misurato. Quest’ultimo è di fondamentale importanza poiché costituisce una fonte ineliminabile di rumore e, in molti casi, rappresenta anche la sorgente dominante di fluttuazione del segnale, ponendo pertanto un limite inferiore alle prestazioni del rivelatore. Se non sono trascurabili, le altre sorgenti di fluttuazioni nella catena di formazione del segnale si combinano con la risoluzione intrinseca del rivelatore per dare la risoluzione energetica totale del sistema. In generale la FWHM totale sarà data dalla somma quadratica delle FWHM delle singole sorgenti di fluttuazioni, cioè:

Vale ancora la pena sottolineare che, anche nell’ipotesi di rivelatore con risoluzione infinita (o comunque molto alta), un’ulteriore fonte di disturbo potrebbe essere indotta dalla sorgente radioattiva stessa. Infatti i fotoni solitamente non provengono da nuclei liberi ma, essendo emessi da un corpo materiale, alcuni di essi saranno affetti da un certo redshift (dovuto a fenomeni di scattering) ed emergendo dal mezzo avranno dunque un’energia leggermente minore di quelli emessi da nuclei sulla superficie del campione. Questo fenomeno si traduce in uno spettro leggermente deformato verso energie minori rispetto all’energia attesa . Di seguito  una rappresentazione amplificata del fenomeno appena descritto:
 
Spesso però questa distorsione negli spettri può essere trascurata in quanto risulta molto minore dei disturbi introdotti da altre fonti.
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